Piccolo Teatro - Studio Melato, Via Rivoli, Milano, MI, Italia
In una casa sul lago, uno scrittore è impegnato nella stesura di un nuovo testo a partire da un grande classico. Fissa le sue parole sul foglio, ma non riesce a scrivere senza impigliarsi nella rete di corrispondenze tra l’opera e la sua vita. Liv Ferracchiati porta in scena un testo originale attraversato da Il gabbiano di Čechov.
In una casa sul lago, uno scrittore è impegnato nella stesura di un nuovo testo a partire da un grande classico. Sua madre è una grande attrice nella maturità del suo percorso artistico esattamente come accade tra le pagine della sua nuova bozza. La donna di cui è innamorato è un’attrice all’inizio della carriera, come nel classico che fa da scheletro alla nuova narrazione.
Le due, l’una riflesso dell’altra, sembrano non concedere al protagonista il riconoscimento a cui aspira come uomo e artista.
La sua fragilità è anche quella delle “nuove forme” a cui anela, forme che non sono ancora codici noti e che finiscono, come lui, per essere fraintese.
Morire, allora, interrompendo la perpetua preghiera per esistere o, in alternativa, scrivere per mettersi al mondo da soli, per darsi forma davanti ai propri occhi e sopravvivere, sembrano le uniche possibilità.
Intanto le vite dei personaggi si intrecciano sulle rive di un lago che assiste ai loro amori e alle loro distruzioni. Solo all’apparenza immobile, lo specchio rovesciato attrae tutti per la sua imprevista pericolosità.
«L’immagine essenziale di questo lavoro – spiega Ferracchiati – si delinea a partire dal lago. Un lago-placenta da cui è difficile staccarsi, perché separarsi dall’origine significa esistere con le proprie forze, senza mutuare ragioni negli sguardi altrui. Significa partorirsi, rinunciare al concetto di madre e allo statuto di figlio.
Ci saranno ancora “tonnellate d’amore” come ne Il gabbiano di Čechov quindi, ma divise tra quelle che permettono di nascere definitivamente e quelle che uccidono.»
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